Una delle efflorescenze più probanti di tutto il folclore è lo sviluppo del catarismo nei Pirenei. Il catarismo della Francia meridionale ha, come tutte le religioni (e come tutti i fiumi) molte sorgenti, anche se una di queste è la principale. Un fiume raramente è tale senza l’apporto di numerosi affluenti. Luchaire protestava già ( in LAVISSE, Storia di Francia, tomo II, 2a parte, p. 198, 1911 ) contro l’idea che il catarismo del meridione della Francia venisse direttamente dall’Oriente. Oggi, conosciamo sufficientemente il folclore pireneico perché sia possibile dire che la più remota origine di questa religione è da ricercarsi nel paese dei giganti, che si estendeva dalle Corbières sino ai monti Cantabrici in tutto il paese delle grandi grotte di montagna nelle quali sono state ritrovate le più meravigliose delle prime opere d’arte delle nostre razze.
I Baschi ed i montanari dell’Ariège ci offrono testimonianze molto suggestive e quasi sicure.
Il quadro generale si presenta così all’immaginazione. (L’immaginazione popolare non è che degradazione dell’immaginazione ancestrale e abbiamo il diritto di spingere all’estremo limite ragionevole la visione in questo campo dello spirito.)
In tempi assai remoti, forse trecentomila anni or sono, i Pirenei erano popolati da giganti, d’altronde poco numerosi, che regnavano benevolmente su uomini di statura come la nostra, i quali erano sottomessi, senza grande organizzazione politica ad un sistema di matriarcato; la dominazione della donna era acquisita sentimentalmente e psicologicamente, e formava un popolo pacifico, comunità molto liberale, soprattutto dal punto di vista sessuale.
Le conoscenze scientifiche erano su alcuni punti molto avanzate, specialmente nel campo astronomico. Chiameremo piuttosto questa “scienza” astrologica, poiché era nel contempo matematica e psichica e si occupava, innanzi tutto, dell’influenza degli astri sugli avvenimenti e sui sentimenti umani.
Questa scienza permise di prevedere la catastrofe che si sarebbe prodotta in ragione della caduta della luna Terziaria descritta ne L’Atlantide e il regno dei giganti. La reazione dei dirigenti fu ragionevole. L’esistenza delle razze giganti sarebbe divenuta impossibile: fino allora l’attrazione della luna, che girava alla distanza di circa cinque raggi terrestri (invece dei sessanta raggi del nostro XX secolo) aiutava i giganti a portare il peso del loro corpo, alleggerendo notevolmente l’effetto della gravitazione terrestre e anche quindi ad eseguire i loro lavori: tutto era più leggero per uomini molto più alti e muscolosi. Ma una volta caduta la luna un nuovo ordine si sarebbe stabilito.
Innanzi tutto il mare che saliva sino a duemila metri o più delle nostre attuali coste sarebbe sceso fino al littorale dell’era cristiana. Così sarebbero spariti i mezzi di trasporto e il nutrimento degli ittiofagi. Le isole, alte montagne dei Pirenei, avrebbero formato e integrato tutto un continente.
I giganti sarebbero stati intralciati dal loro peso divenuto eccessivo per i loro muscoli e l’attività dei loro cervelli sarebbe stata fortemente diminuita. Una decadenza fisica, intellettuale e morale era da prevedersi.
Viceversa, i piccoli, fino allora sudditi dei re-giganti, sarebbero diventati gradualmente degli esseri superiori, poiché il loro corpo era più adatto alla nuova gravitazione. I rapporti tra le due razze si sarebbero invertiti e presto i piccoli uomini sarebbero diventati più intelligenti, più veloci, più temibili dei giganti.
Ma nella loro religione più antica, trasmessa dalla fine del Secondario, da forse quindici milioni di anni, i giganti trovavano la soluzione dei problemi della loro razza. La loro religione, stabilita al contatto con gli insetti, aveva loro insegnato due riti poco utilizzati in quella fine del Terziario: l’esogamia e la castità dei maschi. Durante tutto il Terziario, questi due riti tratti dagli insetti della fine del Secondario, in seguito alla catastrofe della Luna Secondaria, erano caduti in disuso: in periodo di prosperità i giganti civilizzati, come gli uomini comuni agli inizi potevano fare ciò che volevano, non aveva importanza per razze che prosperavano liberamente nell’abbondanza.
Ma la fine del Terziario riportava alle condizioni di vita della fine del Secondario, poiché nuovamente una luna si sarebbe schiacciata sulla terra. Di conseguenza era necessario tornare alla religione del Secondario, ossia: alla religione degli insetti.
La razza dei giganti doveva cessare di riprodursi, poiché i suoi figli fatalmente sarebbero degenerati fino al cannibalismo e all’idiozia; donde la prima legge: le figlie dei giganti dovevano solo unirsi con i piccoli uomini, ciò a cui erano d’altronde già abituate.
Così il piccolo maschio dell’enorme regina del termitaio tornava ad essere legge.
I figli di queste coppie sarebbero diventati sempre più piccoli nelle generazioni susseguenti e, pur conservando per eredità materna, qualcosa dell’intelligenza e della bontà dei giganti, avrebbero potuto sopravvivere e dedicarsi a civilizzare i piccoli uomini. L’Ercole pireneico, discendente da un gigante (o da un dio) e ancora sovrumano per la sua forza, è il prototipo di questo prodotto della esogamia obbligatoria.
Fu proibito di sposare le ragazze nel clan dei giganti.
L’incesto divenne quindi uno dei più gravi delitti. Sposare la propria sorella divenne l’ignominia più avvilente. Così si stabilì questa legge la cui origine è diversamente inspiegabile e che si ritrova nelle tribù selvagge di tutto il mondo.
Molto più tardi i popoli che si ricordavano di ciò vollero risalire la corrente e portare l’umanità a produrre nuovamente dei giganti che regnassero sugli uomini. Così i Faraoni d’Egitto ‘e molti dei loro sudditi, così pure i Persiani si misero a sposare le loro sorelle.
Nell’Egitto, in particolare, certi risultati, almeno psicologici, furono ottenuti, e l’Egitto ebbe lunghi periodi di prosperità.
Così per i giganti minacciati dei Pirenei, circa trecentomila anni or sono, l’incesto divenne “tabù”. Nel matriarcato le “sorelle” sono tutte le donne del clan.
Che cosa rimaneva ai giganti maschi?
Non potevano unirsi alle figlie degli uomini, sebbene la Bibbia ci testimoni di tentativi, quando i figli degli dèi (al plurale, quindi le figlie dei giganti) trovarono che le figlie degli uomini (normali) erano belle. Ma senza risultato. Queste donne morivano durante il parto quasi sempre uccise dal neonato che tendeva al gigantismo.
La religione degli insetti forniva il secondo comandamento: la castità del maschio. Gli operai del formicaio e del termitaio sono infatti maschi i cui organi maschili non sono sviluppati: sono quelli ai quali non è stato permesso di diventare fecondatori. Ciò nonostante, hanno, tra le formiche in particolare, un ruolo attivo: la forza sessuale non adoperata si trasforma in energia di lavoro.
Evidentemente è sul piano psichico che la castità del maschio gigante sviluppa maggiormente i suoi effetti. Senza dubbio le forze cosi trasformate devono sovente produrre anche delle forze psichiche: il gigante selvaggio Cacus, che esisteva ancora al tempo dei Greci, non aveva moglie.
I giganti civilizzati crearono quello che più tardi gli uomini hanno detto platonismo: l’amore casto della dama, divenuta il modello spirituale, che non doveva essere toccata. Così veniva acquisita la telepatia, così si acquisirono i poteri soprannaturali. Nel mondo intero, ancor oggi, stregoni selvaggi o civilizzati praticano ancora il metodo con risultati aleatori. Ma la tradizione è unanime in tutto il folclore terrestre. Appresa presso le termiti, le formiche e le api, la scienza psichica basata sul culto della castità sorgente di forza, dura ancora presso di noi.
Da cui, nel Meridione della Francia la castità catara, sorgente di poteri spirituali e ancora praticata, e più di quanto non si creda in numerosi “matrimoni bianchi” che comportano l’amore più intenso, ma trasportato sul campo spirituale. Mentre che in linea di massima il santo cristiano è casto e solo dinanzi al suo Dio al quale offre le sue forze, il santo cataro, di massima, è casto in compagnia d’una anima sorella, ed è in due che si trasferiscono sul piano spirituale. (Roché, p. 158).
Da qui, i trovatori, che spesso però sono recalcitranti; da qui Dante e Beatrice, e più tardi, già degenerati, i petrarchisti.
Le figlie dei giganti avevano insegnato ai loro discendenti la religione degli insetti.
E da qui, infine, nel Meridione della Francia, fino al tredicesimo secolo in pieno sviluppo, sino ai giorni nostri in decadenza, il sistema cataro delle due leggi che sembra illogico, ma che così diventa perfettamente ragionevole.
Se la castità è una buona qualità se è necessaria, per gli eletti, i perfetti, perché vi è dunque una legge diversa per i credenti comuni, per il popolo al quale si lascia fare tutto ciò che vuole, e che non se ne priva?
Perché gli eletti continuano la tradizione dei giganti decaduti, essendo discendenti, essi, delle figlie dei giganti e avendo ricevuto da queste la tradizione dei perfetti, mentre il popolo discende dagli uomini normali che non avevano nessuna necessità di essere casti.
La castità aveva lo scopo d’impedire la riproduzione dei giganti. L’orrore cataro della generazione non si applica, in realtà, che alla generazione degli eletti, la generazione degli uomini normali, unione di credenti non è proibita.
Déodat Roché ci offre preziose testimonianze su queste tradizioni dei giganti presso i catari (p. 26):
“Si vedono esempi precisi della concordanza tra il manicheismo e il catarismo nelle spiegazioni della generazione dei giganti che provengono da un periodo di evoluzione anteriore a quella della terra attuale”.
Preferirei dire, (e non vorrei spingere Déodat Roché, suo malgrado nel mio ragionamento): queste tradizioni provengono dal Terziario, periodo di evoluzione diversa dalla nostra senza dubbio, ma sempre della terra.
Déodat Roché colloca, come noi, i centri essenziali del catarismo pireneico, nell’Alto Ariège: Ussat, Montségur, Vicdessos, Montrealp de Sos, la grotta mitraica di Betlemme, ne sono i luoghi sacri.