Molto poco si conosce su questa setta eretica del XII secolo, che arrivò però ad esercitare un influsso decisivo nella zona di Languedoc, la Francia meridionale di oggi, in Aragona, in Italia del Nord, in Germania e, perfino, in Inghilterra. Si può supporre probabilmente che se essa non fosse stata distrutta dalla crociata contro gli Albigesi, e dall’Inquisizione; la storia della Spagna e, quindi, anche del Sudamerica, sarebbe stata molto diversa. La fortezza di Montségur fu il tempio sacro e solare dei Catari nei Pirenei. In tutta la zona esisteva una sorta di rete di posti sacri e di caverne dove si conferiva l’iniziazione. Tra cui quella del Consolamentum, una specie di secondo battesimo, o seconda nascita, ebbe una cerimonia esoterica, il cui significato non si conosce, di nome Manisola. Si suppone che essa derivi da Mani, il fondatore del manicheismo.
La cosa più probabile è che essa, proprio come Mani, abbia qualcosa a che vedere con la tradizione aria anteriore. Mani e Manas sono parole sanscrite e significano “uomo” e anche “mente”, “ricordo delle origini”. Il simbolo cataro era la colomba, Parakletos, lo Spirito Santo, la Chiesa o la Comunità catara, la Gleisa come la chiamavano loro. La colomba sarebbe anche simbolo templare. Ed è la colomba, quella che porta il seme sacro dell’Haoma ario e lo deposita sopra la Pietra nel Giorno di festa manicheo chiamato Nauroz (il Giorno Nuovo), dell’equinozio di primavera, al momento in cui entrambi i poli sono ad uguale distanza dal sole. La Manisola segreta si sarebbe compiuta anch’essa esattamente in questo momento. Nessuno sa tuttavia quale era il suo significato reale. Si dice che i Catari fossero vegetariani, che bruciassero i loro morti, che fossero chiaroveggenti e che praticassero le arti magiche. Proprio come i manichei e gli gnostici sarebbero stati dualisti. Lucifero non era, per essi, il demonio, ma il portatore di luce, Lucibel. Il demone era, per essi, Jeova, il demiurgo creatore della terra attuale. Da dio scaturisce la creazione perfetta; ma dal quinto cielo verso il basso trova, tuttavia, una Forza contraria, il Caos, il Nulla, che altera e mescola quella creazione, rendendola contemporaneamente buona e cattiva. Per i Catari, Cristo è un’Entità solare, che non si incarna in questo mondo di sostanza imperfetta, di mescolanza. Opera soltanto dalle sfere più alte, aiutando i buoni spiriti alla loro liberazione. I Catari, sebbene fossero cristiani in quella maniera, indubbiamente erano tuttavia gnostici poiché non credevano che Cristo fosse stato crocifisso. Avrebbero seguito il Vangelo di San Giovanni, che fu considerato apocrifo più di una volta.
Secondo l’opinione dello scrittore Louis Charpentier, la radice “An” ha relazione con Atlantide. I giganti sono quindi gli Atlantidei, gli Antes ed anche i Juans. Nel basco, una lingua atlantidea, Jaun significa: signore, saggio, mago. I Juans sono dunque gli istruttori saggi venuti da Atlantide, da Iperborea, dalla Stella Venere. Sono questi anche i Druidi ed i Tuatlia déDànann dei miti irlandesi. Secondo Otto Rahn, già citato, i Catari erano druidi, maghi e veggenti. E, sebbene niente si sappia con precisione su di essi, René Nelli, un ricercatore da prendere sul serio, afferma che essi seguivano il Vangelo di San Giovanni. È però possibile che in tutto questo ci sia una grande confusione con i nomi Juan, Jaun, Gigante, Géant. Nei Pirenei, dove alcuni Atlantidei si rifugiarono, si è conservata la tradizione delle origini. Il Vangelo di San Giovanni, in questo caso, starebbe facendo riferimento alla tradizione atlantidea, custodita dai Jauns, i giganti dei Pirenei (ed anche dai Catari), dove si trova anche, secondo la leggenda, la tomba di Pyrene, l’amante di Ercole.
I Catari sono chiamati “uomini buoni”, “bons hommes”. Cataro vuol dire “puro”. I Catari praticano lo stesso tipo di castità spirituale dei Cavalieri del Graal. I Catari sono contrari alla riproduzione, che obbliga alla reincarnazione gli spiriti celesti. Si dice che credono nella reincarnazione. Però a quale? Perché ci sono differenti modi di credere nella reincarnazione, o, per meglio dire, di darne un’interpretazione.
I Catari, ad ogni modo, non si oppongono a quello che viene chiamalo amore cortese, l’amore trovadorico. Si afferma che furono essi ad ispirare tutta quella letteratura e le prove iniziatiche che implicavano le pratiche esoteriche dell’amore dei Trovatori, del cosiddetto Amor provenzale ed anche di Mani, dell’amore cortese dei Minnesänger germanici. Minne potrebbe derivare pure da Mani, da Manas, da Manisola e vorrebbe dire probabilmente, nel suo più profondo significato, “ricordo”. I Minnesänger cantavano il “ricordo dell’amore perduto all’inizio dei tempi”. Trovatore significa “colui che trova” – trovare -, chi “ha ritrovato qualcosa perduta”, una legge, un ordine. Si dice che il primo Trovatore scoprì quella legge segreta di amore cortese nascosta nella ramificazione di una quercia d’oro. Un uccello gliela indicò. Era una colomba, un falco o un corvo? Il nome del primo Trovatore è Giasone. Secondo Otto Rahn i Trovatori sarebbero stati alti dignitari del catarismo, il cui compito sarebbe consistito nell’estensione della dottrina dell’amore cortese. La loro vera Guida sarebbe stato Lucifero. La loro missione si sarebbe compiuta particolarmente nelle fortezze, come iniziatori ed istruttori nell’amore simbolico alla Donna, rappresentata nella Signora della fortezza, indicando però in realtà la Chiesa catara, la comunità e anche la divinità venerata da questa setta: la dea incarnata Belicena, o Belisema, dei celti e degli iberi; Iside, in realtà, ancora oggi preservata nelle Vergini Nere di Montserrat ed in altri posti consacrati, Venere, Sophia, la Saggezza raggiunta attraverso l’amore. Si tratta dei misteri mediterranei ed egei della Grande Madre, che dopo andrà a rimpiazzare, svilendo il suo segreto iniziatico, collettivizzandolo, il culto mariano.
Come prova che i Trovatori nelle fortezze insegnassero un amore puramente simbolico, Otto Rahn segnala che i cavalieri favorivano l’iniziazione delle loro donne, e che i Trovatori furono da essi tenuti in alta considerazione. In Italia, sono i “Fedeli d’Amore”, che insegnano questo tipo di amore magico e la loro donna è pure Sophia. Così Beatrice di Dante è la Saggezza. Nostra Signora dei Templari – Notre Dame – simbolizzava pure l’Ordine, la Chiesa ed è Iside, la Vergine Nera.
La lingua usata dai Trovatori occitani, e in tutte le parti, è cifrata e segreta. Si componevano poesie (trovava) “clus”, vale a dire, “serrato”, in chiave. Perfino la parola Amor è stato assunta nel suo significato simbolico, intendendosi come il contrario di Roma, per il fatto di scriversi precisamente al rovescio. Questo solo fatto era per i Trovatori un simbolo rivelatore. Dopo il tramonto dei Catari restano solo i Trovatori. Ogni significato spirituale, iniziatico e metafisico dell’amore scompare, passando poi nel corso dei secoli al romanzo, alla novella, sviluppandosi il culto dell’amore individuale, personalizzato, che verrà a caratterizzare il mondo occidentale. Si perde il simbolo, la tradizione iniziatica dell’Amore. La punta della piramide è stata distrutta.
Insistiamo: non si sa niente con sicurezza dei Catari. Allo stesso modo dei loro predecessori Druidi non scrivevano. Il loro sapere si tramandava oralmente. E se anche scrissero qualcosa, l’essenziale sarà stato bruciato unitamente a loro. Alcuni segni furono tracciati unicamente dalle loro mani nelle caverne dei Pirenei.
Otto Rahn afferma che i Catari custodivano il Graal nella loro fortezza di Montségur e che riuscirono a salvarlo all’ultimo momento, poco prima della caduta della fortezza. Gli archivi dell’Inquisizione conservano i nomi dei quattro cavalieri catari che riuscirono a fuggire con il “tesoro”, calandosi per l’abisso, durante la notte.
Dove lo portarono? Otto Rahn lo cercò, come del resto anche le SS Hitleriane, nelle caverne di Sabarthés, nei Pirenei. René Nelli, professore dell’Università di Toulouse e specialista della poesia dei Trovatori del Languedoc, non pensa che i Catari abbiano avuto qualcosa a che vedere col Graal. Il pensatore italiano Julius Evola afferma la stessa cosa, scrivendo che furono i Cavalieri del Tempio che lo custodivano. Tuttavia, la mia esperienza ed indagini personali sono in accordo con Otto Rahn. Tutto dipende anche da che cosa s’intenda per Graal. Wolfram von Eschenbach dice che è una pietra preziosa, caduta dalla corona di Lucifero durante il suo combattimento stellare. Sarà una pietra di smeraldo, caduta da Venere, dalla Stella del Mattino? Parsifal la trovò. Questa pietra ha portato differenti nomi. Per i greci, era Xoanon. Alessandro la chiamò Clausgestain. La pietra dei maya era Girongagal. Quella dei persiani Sang-i-deh. Babar racconta nelle sue “Memorie” che i mongoli chiamavano la Pietra Yedeshtash e gli arabi Hajar-el-mattar. Questa pietra si estraeva dalla testa di un cavallo; aveva il potere di suscitare le precipitazioni, e allo stesso tempo, tratteneva anche le acque. Originariamente sarebbe stata quella pietra con cui Noè nel Caucaso trattenne il diluvio universale.
Il nome di Dio o la saggezza di Dio erano incisi su di essa. Noè iliede la pietra della pioggia a suo figlio Jafet, secondo D’Herbelot, nella sua premessa alla prima edizione inglese delle “Memorie” di Babar, il conquistatore mongolo dell’India. In più, nella tradizione germanica, la pietra di Lucifero cade in una montagna di fuoco, dove vivevano gli eroi. Si trova là anche re Artù, che è Thor, Capo dei cavalieri della Tavola Rotonda e del Graal. La pietra conferisce inoltre la dignità regale. Nella Thule Iperborea era forse un’ambra o una pietra di luna caduta dal cielo.
La corona di Lucifero è a due teste ed offre la vita eterna.
Il Graal è tuttavia anche la Pietra Filosofale degli alchimisti, ed è anche il terzo occhio di Shiva e l’occhio dei ciclopi. Si può dire allora che i Catari non l’avrebbero posseduto?
Otto Rahn dice che i Catari furono originariamente Druidi, che poi si convertirono al manicheismo. Louis Charpentier afferma che i Druidi sono anteriori ai Celti, di discendenza atlantica, forse baschi. Il loro nome sarebbe Jaun (signore), Jeanes, Juanes, giganti. Si prolunga così fino ai Druidi la causa di tutta quella confusione, con il Vangelo di Giovanni che usavano i Catari.
Charpentier ritiene che la basca sia stata la lingua sacra dei Druidi . La conversione di un gruppo di Druidi al manicheismo non avrebbe avuto difficoltà insuperabili, perché anche il fondatore religioso e poeta persiano, Mani ebbe la sua rivelazione e la sua Gnosis (cognizione di Dio) dal più lontano Nord, dalla tradizione iperborea dei suoi avi iraniani della mezzanotte profonda.
Ciò malgrado, per Gérard de Sède, nel suo libro Il tesoro cataro, Mani non sarebbe esistito fisicamente, ma sarebbe stato una figura simbolica. Il nome stesso lo indicherebbe: Mani, Maria, Manahaya, Mana-Chei (vaso vivente), che contiene e dà da bere il Mana. Il Graal, cibo della vita eterna. Stranamente i Catari venivano chiamati patarin, da patera ( coppa, in latino), Grial, in questo caso. Ma Mana-Chei significa anche gemma viva, pietra preziosa, Graal.
Tra i Catari si inclusero anche gli albigesi, dai quali prende il nome la Crociata che li ha distrutti. Si è detto che questo nome viene dalla città di Albi nel Languedoc. De Sède afferma tuttavia che viene da Albanense, dell’Albania, terra degli eretici bogomilli che conservano stretta relazione con i Catari, “la terra bianca’’.
In entrambi i casi appare sempre il bianco, il colore dei Druidi e dei misteriosi pelasgi, il colore degli Dei Bianchi di Albania, sull’altro lato del grande Oceano, che è stata denominata più tardi America.
Tessono, in realtà, la Veste di Sposa dell’Anima, il corpo astrale, sottile, la Tunica di Nesso, il rogo nel quale dopo si bruciavano i “figli del fuoco”, il corpo luciferino di pura luce increata, quello della Nuova Terra. La Tunica sottile bianca, di luce bianca, di fuoco bianco e di sole bianco, che a poco a poco tessono. Il colore bianco è quello della purezza. Per questa ragione, i Catari sono stati chiamati anche Puri. C’è un Cordone Dorato che va mantenendo la tradizione delle origini, la pura scienza iniziatica caduta dagli astri.