La telepatia è l’arte di comunicare idee, sentimenti e anche azioni a distanza, senza mezzi intermediari visibili o invisibili, e al di là dalla portata dei nostri sensi, occhi, orecchie, naso. Il nostro caro vecchio amico Fabre ha scritto molto sulla telepatia degli insetti. Gli scienziati moderni fingono di non avere amato Fabre, ma in fondo, hanno per lui, come noi tutti, un’ammirazione affettuosa e senza limiti. Gli Inglesi hanno messo la sua statua bene in vista nel bel mezzo di uno tra i loro più bei musei di storia naturale. Avrei voluto citarlo molto spesso in questo libro, e credo che l’essermene astenuto passerà per un merito e farà piacere agli scienziati moderni.
Ma, tutto sommato, arriva un momento in cui è necessario citare Fabre (Ricordi di entomologia. VII serie, XXIII, il Grande Pavone.):
La storia del Grande Pavone deve essere letta tutta. I maschi vengono verso la femmina a dozzine, la notte attraversando il sottobosco. Le esperienze di Fabre eliminano come mezzo di informazione la luce, anche oscura, l’udito, l’odorato. La memoria dei luoghi non entra in gioco.
“Nonostante la distanza, le tenebre, gli ostacoli i pavoni sanno scoprire colei che desiderano”.
Centocinquanta arrivano da distanze di molti chilometri, per vedere la femmina imprigionata. Molti tornano a più riprese: se si muta il posto della prigioniera, vanno diritto alla sua nuova prigione, senza nemmeno riconoscere quella precedente.
“La fisica ci prepara oggi, – dice Fabre, nostro precursore, – la telegrafia senza fili, le onde herziane. Il gran pavone ci ha forse preceduti su questa via? Per avvertire i pretendenti a chilometri di distanza, mettere in subbuglio i dintorni, la nubile pronta alla fecondazione, disporrebbe forse di onde magnetiche, note o ignote? Adopererebbe forse qualche telegrafia senza fili? In questo non vedo nulla d’impossibile; l’insetto ha l’abitudine alle meravigliose invenzioni”.
Il piccolo pavone, farfalla diurna, è forse ancor più stupefacente. Vanno verso la femmina provenendo dal Nord anche quando soffia il mistral, e percorrono chilometri contro vento, quindi senza possibilità di attribuire il richiamo a odore.
“Il riflusso di molecole odorifere in senso contrario al vento mi sembra inammissibile”.
Fabre, nei suoi esperimenti, provò anche a tagliare le antenne di queste farfalle, nel caso fossero i mezzi di trasmissione, ma i pavoni, piccoli o grandi, ritrovavano la femmina anche senza antenne.
Notiamo una volta ancora la intima relazione tra la telepatia e le forze sessuali. Il procedimento diventerà poi uno sfruttamento delle forze sessuali non più dirette alla riproduzione, ma ad altro scopo: per le termiti, sarà la comunicazione entro il termitaio; per i Catari sarà la comunicazione con Dio.
Marais scrisse (p. 2):
“Il funzionamento della comunità come gruppo psichico nel termitaio, è altrettanto misterioso e meraviglioso per un essere umano che ha una psiche diversa quanto la telepatia o le altre capacità dello spirito che rasentano il soprannaturale”.
Descrive a lungo le comunicazioni tra la regina e gli insetti e paragona con minuzia il termitaio a un organismo di cui la regina è il cervello e le termiti gli organi. Non si trova nessuna traccia di nervi o di vie, o sistemi di comunicazione tra la regina e le termiti (p. 55).
- Tutti i movimenti delle termiti sono controllati a distanza.
- Tutto il loro comportamento è legato a qualcosa che emana dalla regina.
- Questa influenza domina quando la distanza aumenta.
- La morte della regina distrugge questa distanza. Le ferite della regina la diminuiscono proporzionalmente alla gravità.
È quindi una telepatia assoluta di cui si serve la regina, la dèa delle termiti; questo “qualche cosa” impone a distanza (di venti, trenta e quaranta metri) un determinato comportamento ai sudditi.
Ora la telepatia può essere considerata come il fattore comune di tutte le magie antiche e moderne. Che si tratti di uccidere qualcuno a distanza o di trasmettere soltanto un pensiero, il principio è lo stesso: da un dato punto si proietta su un altro punto, al di sopra di intendimenti umani, una forza, una idea, una influenza.
Tutte le religioni dell’antichità o tutte le stregonerie delle nostre decadenze hanno questo scopo: agire a distanza.
Ciò che più hanno ammirato i primi uomini sapienti è stato questo potere degli insetti. L’imitazione dell’insetto, o la ricerca almeno di questo potere tanto invidiato, è accertato sia nel calendario di Tiahuanaco, sia nelle Piramidi d’Egitto. Poiché, regalo volentieri questa idea agli egittologhi: le Piramidi sono delle imitazioni del termitaio (Note probabilmente migliaia di anni prima delle dinastie, e lontano dall’Egitto, le somiglianze sono nel contempo essenziali e remote.).
Non si tratta di conservare il corpo morto del Faraone; rimane ben poco di questo corpo poiché è stato svuotato, sottoposto a varie trasformazioni chimiche. Si tratta di permettere al Faraone morto di continuare ad assolvere il compito che assolveva da vivo, ed è il compito della regina delle termiti. Governare il termitaio psichicamente.
Come gli uomini di Tiahuanaco hanno immaginato e costruito il loro calendario per captare la forza psichica dei termitai, gli uomini di Egitto hanno (lo credevano certo) fatto meglio. Hanno costruito questi enormi termitai, che sono le piramidi, ad imitazione di quelli degli insetti che dominavano l’Africa. Hanno messo il loro re al centro. Hanno costruito delle gallerie complicate che conducevano alla cella reale. Hanno fatto tutto per nutrire e divertire e intrattenere l’anima del sovrano in misteriosa relazione con quanto rimaneva del suo corpo. Tutta una amministrazione sacerdotale corrispondeva all’organizzazione delle termiti attorno alla regina.
Perchè?
Affinché l’influenza del re-dio (la sua morte non era che un episodio senza importanza) continuasse a fare crescere il Nilo nella stagione favorevole e tutto funzionasse nell’intero Egitto.
Che altro poteva farsi di meglio se non imitare il più possibile i meravigliosi conquistatori del continente africano i quali si governano tanto mirabilmente con mezzi telepatici? È possibile che nella mentalità degli Egizi delle prime dinastie, fosse l’idea: più grande la piramide (vi erano più scopi principali, uno di questi è come dice l’autore e un altro è che le piramidi erano giganteschi accumultari di energia eterica, nota mia), più grande il potere. Non condanniamo troppo affrettatamente questa idea. Allo stesso modo che costruiamo telescopi o centri atomici industriali di più in più grandi.
Non abbiamo neanche la possibilità di affermare categoricamente che gli Egizi avevano torto. È probabile che i loro sistemi producessero qualche risultato, poiché hanno continuato ad applicarli per migliaia di anni. Comunque, la somiglianza tra il loro comportamento e il comportamento delle termiti è degno di nota. Non vedo altra spiegazione soddisfacente dell’incomprensibile e sovrumano sforzo fatto per erigere tante piramidi. Dovevano pure, nell’idea dei loro costruttori, servire a qualcosa, e il solo scopo di conservare e nutrire un cadavere inutile a tutti (eccetto forse al Faraone morto) non sembra sufficiente per legittimare l’enorme lavoro.
È l’entoniolatria del Terziario che continuava in Egitto, come è continuata a lungo nell’adorazione dei re, e nelle pratiche di magia del mondo intero e di tutti i tempi.
Tratto dal libro: La civiltà degli insetti e la religione dei giganti di Denis Saurat